Sette anni dopo il suo ultimo film torna Larry Fessenden, ed è decisamente un buonissimo ritorno. L’attore-regista Newyorkese confeziona un monster movie che ancora una volta mette in mostra i lati più oscuri dell’essere umano e dei rapporti interpersonali di facciata. La trama è semplicissima, sei studenti celebrano la fine delle scuole Superiori con una gita ad un lago fuori città. Durante la prima nuotata vengono attaccati da un pesce gigante mangia uomini, rimanendo bloccati al centro del lago. I sei “amici” dovranno quindi lottare per le proprie vite, ma uno di loro potrebbe sapere qualcosa di più su quel mostro.
Come avevo detto, la trama è davvero semplice e non brilla certo per originalità. Ciò che eleva questo film dalla miriade di monster movie usciti negli ultimi anni è la capacità registica di Fessenden, la fotografia molto curata, dai colori scuri, dove il blu e il marrone predominano, la critica feroce al genere umano e alla società moderna. Non siamo quindi davanti ad un prodotto alla Asylum o SyFy Channel, ma ad un film con un suo perché, ben studiato e di pregevole fattura. Punto comune di quasi tutti i monster movie è quello di usare la creatura di turno per far affiorare l’io nascosto dei protagonisti, il loro lato più istintivo ed egoistico. In questo film questo aspetto è decisamente al centro di tutto. Nel gruppo ci sono infatti dissapori e sotterfugi che emergono senza sosta, trasformando amici in nemici, creando rivalità e attriti, rendendo impossibile allo spettatore relazionarsi con qualsiasi personaggio, perché nessun personaggio è senza peccati o puro di animo. E la cosa che lascia più attoniti è proprio il fatto che a sopravvivere di volta in volta siano di fatto i peggiori, quelli più egoisti, più vuoti e insulsi, ricordando che nella vita reale, a differenza che nei film, non sempre giustizia viene fatta, e molte volte la pioggia cade più sui giusti che sugli ingiusti. Il film quindi procede morte dopo morte, lasciando lo spettatore sempre più contrariato, testimone di ingiustizie continue, il tutto sotto gli occhi vigili di questo pesce, che per vari elementi presenti nel film assume un valore mistico, ed è forse l’unico personaggio con cui lo spettatore riesce a relazionarsi e ad entrare in connessione, aspettando con ansia il momento in cui le sue fauci si chiuderanno sugli odiati protagonisti. Involucri vuoti, privi di pietà e di compassione, che si ergono a padroni del mondo, egoisti, egocentrici, irrispettosi e ignoranti, simboli e prodotti di una società basata sull’egocentrismo e volta a distruggere il passato per modellare un futuro su questi (non) valori. Da questo punto di vista, “Beneath” potrebbe essere visto come il monster movie definitivo, quello in cui lo spettatore prende coscienza del vero volto della nostra società e viene quindi portato senza rimorsi a prendere le parti della bestia, dello spirito del lago, che rappresenta uno degli ultimi baluardi delle antiche forze della natura, contrapposto alla civiltà odierna che invece ha come unico scopo la distruzione e la derisione di questi antichi poteri. Non viene spontaneo tifare per il mostro in quanto figo e accattivante, ma per il suo intento, per quello che rappresenta. Si tifa per la sua missione e per i suoi ideali. Per questo il film funziona ad un livello più intimo e profondo rispetto alla maggioranza dei film di questo genere, e alla quasi totalità di quelli degli ultimi 10-15 anni, popolati da mostri accattivanti nel design, ma vuoti negli intenti. Il regista non ha voluto esagerare dal punto di vista del design, e così questo pesce per chi è avvezzo a programmi come “River Monsters”, non sembrerà nulla di eccezionale. Ciò che convince è soprattutto il suo comportamento da autentico spirito (o Dio) del lago, che impedisce ai ragazzi di raggiungere la riva, e quindi la salvezza, osservandoli da lontano mentre si rivoltano gli uni contro gli altri, aspettando che siano loro a portare loro stessi alla distruzione. Proprio come in Wendigo, questi spiriti di cui i popoli antichi parlano nelle loro leggende, restano lontani dalla vita umana, osservando, giudicando, punendo e proteggendo quando necessario. Non vengono date eccessive spiegazioni, dando anche parecchio credito allo spettatore, che si presume sia a conoscenza delle credenze dietro queste creature. Solitamente le creature ritenute spiriti di un fiume o di un lago sono viste come guardiani di quell’ambiente, pronti a far rispettare la legge con denti e artigli. Coccodrilli, pesci giganti, molte tribù indigene dell’Africa vivono insieme a loro senza subire mai neanche un morso, mentre i membri delle tribù rivali vengono regolarmente attaccati e uccisi. E’ questo il background che Fessenden dà al pesce protagonista del film, giustificando così anche un suo comportamento atipico rispetto ai normali pesci d’acqua dolce. È da segnalare un uso centellinato e realistico del sangue e degli effetti speciali. Considerato il budget sicuramente non eccessivo e la natura indipendente del film, il pesce è realizzato molto bene, anche se molte volte sembra muoversi stando quasi fermo, senza muovere la coda, comportamento che per qualsiasi pesce normale rappresenterebbe la morte, e che ritengo sia semplicemente un effetto collaterale dello scarso budget avuto a disposizione, più che una scelta ponderata per accentuare la natura mistica della creatura. Fatto sta che comunque anche questo difetto, nell’ottica generale funziona abbastanza bene. Molto buone le musiche, che riescono a dare l’enfasi giusta alle varie scene.
Cosa ha impedito quindi a questo film di diventare “Lo squalo” degli anni 2000? Sicuramente la lentezza della vicenda funziona nella prima parte, poi dopo le prime due morti diventa ripetitiva e c’è un calo di ritmo decisamente eccessivo. Il cameo di Mark Margolis, celebre interprete di Tio Salamanca nella bellissima serie Breaking Bad, si risolve in una scena che avrebbe dovuto essere risolutiva, ma che purtroppo non funziona a pieno, e che sembra solo un pretesto per dare una scena “da figo” all’attore, per giustificare un ingaggio che sicuramente è superiore alla somma degli ingaggi degli altri protagonisti. La recitazione è sotto i livelli di guardia e gli attori pur funzionando abbastanza nei propri ruoli, vengono inquadrati troppe volte con primi piani che purtroppo mettono in luce delle capacità recitative insufficienti. Inoltre i dialoghi non sono certo ricercati. Piuttosto realistico visto il contesto, ma dei dialoghi migliori avrebbero aiutato a scavare un po’ meglio all’interno di alcuni personaggi.
Tirando le somme, ci troviamo comunque davanti ad uno dei migliori monster movie degli anni 2000, consigliatissimo a tutti gli amanti di questo sottogenere e non solo.
Voto: 7,5.
|